EMERGENZA MOZAMBICO
Il Mozambico è la nuova terra di Missione in Africa delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù dove recentemente sono state chiamate a diffondere la Parola attraverso il carisma della Fondatrice santa Teresa Verzeri.
Dal 2016, infatti, sono presenti nella Diocesi di Pemba, su richiesta del Vescovo locale. La diocesi, fondata nel 1957, si trova nel nord del Mozambico, al confine con la Tanzania, e copre tutta la Provincia di Cabo Delgado. Ha una superficie totale di circa 82,6 mila chilometri quadrati e una popolazione di circa 1.600.000 abitanti.
Il continente africano è una terra ricca di risorse naturali e, pur essendo vastissimo e popoloso, è il più povero del mondo: 300 milioni di persone vivono con meno di un dollaro al giorno, al di sotto del livello di povertà fissato dalla Banca Mondiale. E’ una terra flagellata da miseria e malattie, quasi due terzi dei vettori del virus dell’HIV del pianeta vivono in questo continente. La guerra è stata una realtà per decenni, i conflitti armati hanno condotto questa regione nel caos.
Capo Delgado è la regione più povera del Mozambico. Anche se le condizioni di vita delle popolazioni sono migliorate negli ultimi anni, le persone ancora soffrono molto per la mancanza di acqua, di energia, di un’assistenza adeguata nella salute e nell’educazione.
Grandi capitali stranieri sono qui confluiti per lo sfruttamento del ricco sottosuolo, ma gli abitanti indigeni, non avendo un’adeguata formazione professionale, non ne sono avvantaggiati, anzi, sono cresciute le disuguaglianze sociali, la povertà estrema, il traffico di esseri umani, il traffico di organi, il lavoro-schiavitù, le peggiori forme di lavoro minorile e il matrimonio precoce. Per quanto riguarda l’istruzione, l’89,2% della popolazione femminile è analfabeta.
Il contributo dei missionari, delle nostre suore in particolare, è prezioso. A livello parrocchiale le Figlie lavorano nella promozione e formazione umano-cristiana con servizi di consulenza, nel gruppo giovanile, nella catechesi, col gruppo femminile, per la liturgia, la formazione biblica, con le donne, con la loro presenza nelle comunità.
A volte ci si chiede quali siano i motivi per cui certe zone siano così martoriate: condizioni ambientali, sociali, storiche hanno determinato la situazione attuale. La natura stessa sembra ostile a certe popolazioni: allo sfruttamento coloniale, alla povertà, alle guerre, alla carestia si è aggiunto il cambiamento climatico a flagellare un popolo già così provato.
Nel mese di marzo, il ciclone IDAI , fenomeno raro in Mozambico, si è abbattuto con violenza soprattutto nella zona di Beira, al centro del paese. Le case sono state distrutte dalla furia del vento che soffiava a 300 km all’ora, le città inondate, la stessa Beira sembrava un’isola nell’oceano, è stato“ uno dei più gravi disastri ambientali ad aver colpito l’emisfero meridionale”.
I soccorsi sono risultati subito difficili a causa dell’ impraticabilità delle strade allagate per l’esondazione dei fiumi e per le piogge incessanti. Si raggiungevano , dove era possibile, le zone allagate attraverso barche o elicotteri:
“ Certe volte possiamo salvare due persone su cinque; a volte lanciamo cibo e andiamo ad aiutare chi è in maggior pericolo. Salviamo chi possiamo, gli altri muoiono”
Ian Sher, Organizzazione Rescue South Africa..
Una donna, con l’altra bambina accanto, ha partorito su un baobab dove aveva trovato rifugio e su cui è rimasta due giorni prima di essere soccorsa. Ora lei e la neonata stanno bene e la piccola è diventata simbolo della vita che si prende la rivincita contro le forze della natura.
Moltissimi corpi sono stati abbandonati nell’ acqua per giorni, provocando epidemie di colera. Vengono segnalati episodi di violenza con richieste di favori sessuali in cambio di cibo rivolte a donne rimaste sole e con figli.
A sei settimane da questo disastro, il 25 Aprile, KENNETH, un nuovo potente ciclone si è abbattuto nella provincia di Capo Delgado, colpendo in modo particolare la città di Pemba, sulla costa nord est del paese.
Questa è la zona dove operano le Figlie del Sacro Cuore di Gesù che insieme a tutte le agenzie di soccorso si trovano ad affrontare una situazione già resa difficile dal precedente ciclone Idai. Il numero dei morti è imprecisato, e forse rimarrà imprecisato, per mancanza di registri anagrafici nelle aree rurali, in cui spesso non vengono neanche denunciate le nascite.
Su 200mila abitanti, circa 20mila sono gli sfollati. Le strade impraticabili per l’acqua e il fango rendono difficoltosi gli spostamenti, con il rischio di malattie. Il 2 maggio è stata dichiarata ufficialmente l’epidemia del colera ( 25 casi accertati finora a Pemba), molti i casi di tifo e morbillo.
Problemi sono collegati anche alla fauna locale, per esempio i coccodrilli che vagando nelle zone allagate sono una minaccia per la sopravvivenza.
Sono andati distrutti case e campi e la popolazione ha perso tutto. Si prevede, quindi, che una parte di essa dovrà esse assistita per sei/dodici mesi.
“La mia casa è crollata il giorno del ciclone, non è rimasto niente. Aiutateci, ne abbiamo bisogno”
La comunità internazionale ha stanziato dei fondi attraverso le banche locali a cui possono accedere le vittime dell’alluvione per poter ricostruire le loro case e per riprendere le loro attività, ma il debito andrà restituito e, viste le loro precedenti condizioni economiche, sembra impossibile che ciò possa avvenire.
E’ la trappola del debito climatico.
Chiamate dal Vescovo locale, Dom Luiz Fernando, a prestare aiuto ai bisognosi, le nostre suore si dedicano instancabilmente nell’opera di soccorso ai sopravvissuti le cui piantagioni di granturco e riso sono state completamente devastate dall’alluvione e le casupole di terra, coperte di paglia o di zinco, abbattute dalla furia del vento tropicale. Il Vescovo ha fatto aprire le chiese, le scuole e le case dei religiosi rimaste in piedi, per accogliere gli sfollati, ma le nostre suore, la cui casa è vicino all’oceano, hanno visto arrivare l’acqua al limite del portone e sono state a loro volta ospitate per la notte dalle Suore Pastorelle.
La pioggia è caduta incessantemente per giorni, è mancata l’ acqua potabile e l’energia elettrica è stata interrotta.
Malgrado il forte disagio, le suore non perdono la speranza.
Le FSCJ sono sempre in movimento, lavorano con la Caritas Diocesana e dove c’è bisogno, vanno. Una di loro fa parte della Commissione preposta a “fotografare” la realtà di Cabo Delgado e a presentare alle autorità competenti la necessità rilevate.
300mila bambini sono senza scuole, devastate, o gravemente danneggiate, o usate come rifugio per i sopravvissuti e in questo momento l’istruzione è essenziale per aiutare i bambini a ritornare alla normalità dopo un evento traumatico, come il ciclone, sia per il loro sviluppo che per le loro prospettive a lungo termine.
Le nostre suore chiedono aiuto, si prevede un anno di fame.
Brant Kallam
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alamis odv
Grazie