E’ un proverbio citato da Gesù e che circolava ai suoi tempi. Egli lo pronuncia davanti alla gente nella Sinagoga, e certamente in quel momento avrà avuto davanti a sé la figura del medico che suole stare davanti al malato quando lo visita, impaziente quest’ultimo, di avere da lui una parola di speranza, se non proprio di certezza, in risposta al suo malessere.
Ma cosa può dire una madre ad un figlio ammalato se non parole di comprensione ed incoraggiamento, oltre che dimostrargli tutta la sua protezione?
Similmente il medico come può non dare tutto sé stesso nella ricerca della diagnosi e cura di quel malato che a lui si rivolge,quando ciò rientra proprio nella definizione della sua professione?
Il medico nel malato vede l’Uomo in una eccezionale condizione .Egli stesso uomo,il medico dà la mano della sua scienza all’uomo che ne ha bisogno, realizzando in pieno il principio della sua professione: curare.
E non si tratterà di apparire più o meno bravi nell’interpretare i sintomi di uno stato morboso,ma di essere “amanti” di questa professione, cosa che ti porta a sentire il TORMENTO dell’aggiornamento professionale quale linfa preziosa per il raggiungimento della completa realizzazione. Significa essere sempre coscienti che il Medico “è per i malati”e a servizio delle loro miserie, e nella misura in cui lui avrà attinto alla fonte della cultura e dell’esperienza, in una parola, del Sapere, così avrà realizzato l’obiettivo principe della sua professione,cioè quello di aiutare con competenza l’uomo-malato.
Ecco dunque che il “Medice Cura Te Ipsum” acquista un sapore diverso da quello letterale di “ cura prima te stesso” o “cerca di stare bene prima tu”, assumendo invero il significato di “accudirsi”, di “preoccuparsi” per tutto quello che può arricchire l’essere medico,soprattutto con la cultura e l’esperienza.
Medice,cura te ipsum! Perché solo se ti affannerai,tu medico, nell’affinare la tua arte con il tormento di chi vuole combattere e vincere il male fisico, ridonando all’uomo malato dignità e serenità,potrai sentirti realizzato appieno,appagato per quanto avrai fatto e fatto bene per il malato,rifuggendo l’amarezza, o peggio il rimorso, di non aver fatto abbastanza o di averlo fatto male, perché….. poco preparato e quindi incompleto.
E le morti dei bambini di questi ultimi giorni di certo ci invitano a fare qualche riflessione in tal senso!
Ecco dunque calzare bene il “Medice,Cura Te Ipsum” inteso quale sprone a saperne sempre di più, per non essere colti impreparati.
Dott. Gian Piero Sbaraglia, Primario Emerito e Direttore Sanitario Misericordia Roma Centrohttp://www.misericordiadiromacentro.it/